venerdì 13 marzo 2009

delirio e verità


- micro tracce di fuggevoli pensieri -



Bloccata davanti al bianco foglio con la blu matita.

Si perse in una miriade di vibranti frammenti: colorati, come se luce filtrasse da vetri decorati, e musicali come note in libertà in un pentagramma multidimensionale, e profumati come oli balsamici.

Smise di pensare …

Smise di percepire il suo corpo e quando iniziò a scrivere, con l’ultimo barlume di una logica ormai inutile, si chiese come potesse accadere visto che il bianco foglio e la blu matita sembravano fusi e ingovernabili, incorporei ma reali come non mai.

Da un tempo, un luogo ed uno spazio che non conosceva ma ri-conosceva vide parole apparire:

Mi vedrai in ogni stella che riuscirai a guardare nelle notti insonni, di vigile veglia, di amore vissuto.

Mi troverai nel fango che calpesti e nel vuoto in cui credi di vagare, in ogni laccio che sembrerà vincolarti indissolubilmente, nella prigionia e nella libertà.

Mi sentirai vibrare in ogni musica che farà tremare le pareti della stanza e il tuo cuore.

Mi assaporerai riconoscendomi nel dolce della cioccolata, nell’amaro della tua medicina, nel salato dell’acqua del mare, nel pungente e piccante sapore delle cene in compagnia e persino nell’ insipido quotidiano pasto che mangerai distrattamente in solitudine.

In ogni guerra ed in ogni pace, in ogni schiaffo e in ogni abbraccio comprenderai che sono eterno, che non pongo condizioni, che non ho limiti e che e non giudico né condanno.

Al sopraggiungere del sonno, come al risveglio, saprai di fluttuare come una piuma nel mio infinito esistere, nel mio luminoso buio, in me …

Sarò in ogni oggetto che toccherai, in ogni persona che incontrerai, il ogni libro che leggerai, magari nascosto e camuffato, irriconoscibile come lo sono ora, senza limiti di spazio, di tempo, di pensiero, di sentimento.

Ogni immobile sasso, ogni splendido fiore, ogni tenero cucciolo, ogni bimbo ed ogni vecchio saranno il mio segnale per te.

Sai che queste parole, in cui ancora mi puoi ritrovare, esprimono la mia essenza e ancora non mi riconosci?

Un lampo, un feroce e dolcissimo stordimento ed il bianco foglio e la blu matita si fermarono tra le sue mani.

Riprese consapevolezza di chi lei fosse, di dove si trovasse, del suo corpo ed il cuore le esplose nel petto: gioia allo stato puro, leggerezza infinita, lacrime e bisogno di correre fuori e urlare al mondo e allo stesso tempo bisogno di richiudersi in se stessa per non perdere quel momento magico …


Amore le aveva parlato.


lunedì 1 dicembre 2008

oltre l'arcobaleno

Lina e Giada erano già arrivate ai limiti delle loro forze e della pazienza. Come le due ragazze, tanto diverse tra loro, riuscissero ad andar d’accordo mentre svolgevano lo stesso lavoro, era un mistero per tutti quelli che le conoscevano. Pulire e riordinare con cura e delicatezza la grande libreria che occupava tutte le pareti, anche quella con la grande porta a vetri che dava sul giardino interno della villa, era per le due domestiche un lavoro molto impegnativo, faticoso e soprattutto sembrava non finire mai.

Chissà perché tanto lavoro per uno studio in cui ormai nessuno entrava più …

Certo era una bella stanza. A Lina piaceva molto perché era luminosa ma dall’atmosfera riservata, quieta nonostante fosse stata luogo di conversazioni dolorose, di conflitti legali e angolo di lettura e riflessione. Odorava di cuoio e talvolta si sentiva pure un leggero profumo di colonia. Vicino alla scrivania la scatola dei sigari ancora emanava l’aroma dolce dei sigari preferiti dell’avvocato. Lina ricordava il vaso in cristallo posato sul tavolino d’angolo con i tulipani gialli che illuminavano l’angolo più buio dello studio e il vassoio con la bottiglia di rhum della Martinica, la caraffa d’acqua fresca e i bicchieri brillanti, sempre pronti all’uso.

Giada invece era più pratica e meno osservatrice, per lei ogni oggetto, prezioso o meno era semplicemente lavoro da svolgere: nessuna fantasia, solo logico utilizzo di detergenti e strumenti di pulizia adatti alle diverse superfici.

Decisero di fare una pausa, bere una bibita e riprendere con calma. Liberarono la poltrona dai panni e dai piumini e presero le loro borsette. Uscirono in giardino, si sedettero all’ombra e divisero il sostanzioso panino che Giada aveva preparato prevedendo la lunga giornata di lavoro. Sorseggiarono le bibite direttamente dalle lattine, fumarono la loro desiderata sigaretta continuando a ridere e chiacchierare. Giada controllò l’orologio e dispiaciuta scrollò la testa, era ora di riprendere il lavoro! Rientrarono nello studio, gettarono nel sacco delle immondizie i resti della loro merenda e si avvicinarono all’ultima parte della libreria che dovevano riordinare.

Ma …

Lina si accorse subito che un grosso libro d’arte era rimasto sul tavolo ed era aperto. Guardò Giada sorpresa: non era già stato spolverato e riposto nello scaffale?

In casa avrebbero dovuto essere sole! Giada scoppiò in una risata e conoscendo le fantasie e le paure dell’amica, rincarò la dose ipotizzando la presenza di fantasmi e di spiriti degli artisti defunti o di qualche criminale che l’avvocato non era riuscito a far assolvere. Si rese subito conto però che se voleva finire presto il lavoro era meglio smetterla con gli sproloqui sul paranormale o Lina, presa dalle sue ansiose fantasie, avrebbe combinato qualche pasticcio.

La pagina era aperta sul quadro di Picasso “Poveri in riva al mare”. Giada, per riportare un clima di serenità disse:

“Allora Lina, se hai tanta immaginazione, guarda la foto di questo dipinto e inventa una storia! Almeno lavoreremo senza pensare alla fatica!”

Entrambe osservarono attentamente l’opera del periodo blu del famoso artista, richiusero il libro, e pur essendo tanto diverse entrambe esclamarono:

“Però, che tristezza!”

Lina comunque, nel riprendere a spolverare delicatamente i vecchi volumi, iniziò il suo racconto …


Il silenzio era solo apparente.

Si percepiva un’irreale assenza di movimento, nemmeno un gabbiano in volo: la risacca sembrava dare il ritmo al respiro di Erica, di Daniel e di Alex.

Eppure un orecchio attento, un ascolto acuto e discreto avrebbe colto un movimento invisibile, quello delle emozioni, quello dei pensieri, quasi che quei tre esseri tristi si stessero mandando messaggi telepatici nella loro incapacità di comunicare e non solo a parole; sembrava che fosse per loro impossibile toccarsi, consolarsi, scaldarsi, amarsi. La povertà, esteriormente resa evidente dal loro abbigliamento aveva forse contaminato anche le loro anime?

I loro pensieri non erano solo domande senza risposta ma un tentativo di fermare la sofferenza, giustificare il crampo in cui era stretto il cuore, ricordare gioie passate accanto a Lucy.

Ognuno di essi soffriva per motivi diversi che avevano una comune origine: Lucy, che non c’era più.

Il mare se l’era portata via durante i giochi estivi con Alex.

Daniel ricordava Lucy piangente ogni volta che la rimproverata perché non voleva imparare a nuotare e che chiedeva al suo papà perché non fosse orgoglioso e contento di lei.

Erica invece aveva la sensazione di poterla sentire tra le sue braccia come nel giorno in cui era nata.

Alex non capiva perché in quel freddo giorno d’inverno la mamma e il papà avessero deciso di andare al mare ma li vedeva tristi e pensava di aver fatto qualcosa di male. Era da tanto tempo che non uscivano a passeggio insieme o che lo portavano in vacanza sulla spiaggia. Della loro ultima gita al mare Alex ricordava poco: una grande paura, molte persone, la sua caduta in acqua dal pontile e Lucy che si era tuffata subito dopo ... anche lei senza saper nuotare.

Al suo risveglio la mamma piangeva e la sua sorellina, coperta da un lenzuolo, era stata portata via da un’ambulanza.

Pensò che fosse colpa sua perché non aveva partecipato al funerale. Lo avevano lasciato a casa con i cugini e la vecchia signora che abitava nell’appartamento sullo stesso pianerottolo di quello degli zii.

Non sapeva dove Lucy fosse stata portata. Gli avevano detto solamente che la sua sorellina era andata a trovare gli angeli e lui non osava fare domande: da quel giorno mamma e papà non erano più gli stessi, anche se avevano continuato a fare le stesse cose, a leggergli le sue fiabe preferite, ed anche a giocare, eppure... per lui i grandi erano veramente un mistero.

Daniel non sapeva cosa fare o cosa dire: sentiva il freddo della sabbia bagnata sotto i piedi nudi ed era preoccupato per la salute di Alex e di Erica. Non si era sentito di negare alla moglie la realizzazione di quel piccolo desiderio: chiedeva così poco ultimamente ed era così lontana, intoccabile, irraggiungibile...

Credeva di aver capito che così Erica voleva far sentire a Lucy che la sua famiglia le era ancora vicina e che non era stata dimenticata. Erica aveva soltanto chiesto di poter sentir scorrere tra le dita dei piedi quella sabbia e quell’acqua che per ultime avevano stretto in un abbraccio mortale la loro bambina. Quante silenziose lacrime erano cadute in quella sabbia portando con sé le immagini di quella giovanissima vita ...

La memoria correva alle sere d’estate in cui, dopo cena, si passeggiava sulla spiaggia e i bambini giocavano tra loro lasciandoli liberi di assaporare quei pochi momenti d’intimità fatta di nulla ma molto preziosa e rara nella loro frenetica vita.

I bimbi si rincorrevano sulla spiaggia e facevano a gara su chi aveva contato più stelle o su chi riusciva per primo a trovare una conchiglia intera cercando tra la sabbia illuminata dalla luna.

Sembrava passata un’eternità e Daniel iniziava a comprendere che era giunto il momento di vivere il presente. Il suo inespresso pianto, tutte le sue lacrime non versate dovevano diventare forza per il futuro e non nutrimento di morte.

Erica invece sentiva il ripetersi di un dramma: non la morte di Lucy per la quale sapeva di non essere responsabile, ma la disgregazione della famiglia, come già era accaduto nella sua famiglia quando era morto suo padre.

Ora lei, come prima sua madre, non riusciva più a ridere, amare, uscire. Era bloccata nel passato, e non era in grado di dare un senso logico a ciò che era accaduto; eppure sapeva di non dover far pagare alla sua famiglia un prezzo più alto di quello già pagato finora.

Che fare per trovare una via d’uscita?

Dove trovare il modo di spezzare quell’isolamento?

Con quale soluzione rendere diverso il suo destino da quello di sua madre?

Come riprendere a vivere?

Ritornare sul luogo, rendere le memorie vive attraverso i colori, i suoni, il contatto con il mare... forse qualcosa sarebbe accaduto; sarebbe arrivato quell’aiuto, chiesto tante volte duranti notti interminabili, trascorse tra rabbia solitaria, lacrime e preghiere?

Improvvisamente una musica .

Non si capiva da dove provenisse ma con sorpresa riconobbero la canzone che Lucy amava, quella che la sua maestra le aveva fatto cantare nella recita di fine anno. E la musica seguiva le onde del mare e portava con sé una risata gioiosa e sbarazzina: era un’allucinazione? Stava impazzendo? No: Alex si era messo a saltellare e cantava cambiando le parole e salutava la sua sorellina che era felice lassù, con gli angeli, anche se non la vedeva. Daniel la stava guardando stupito: negli occhi una speranza, una richiesta, un desiderio; rompere le loro solitudini fragili e allo stesso tempo tenaci, liberarsi dai sensi di colpa per lasciar spazio a quella comunione che poteva cristallizzare la loro sofferenza e trasformarla in un impulso nuovo, in un futuro progetto comune che avrebbe potuto essere per tutti loro un premio, un dono, un risarcimento. Erica e Daniel compresero che il vuoto era stato riempito da quella musica e da quella giocosa risata: si resero conto di aver avuto una strana fame di vita, quella che prende solo dopo aver avuto la morte vicina, nostalgia di una vita vissuta nella sua interezza e di quell’amore che spezza la catena della paura che imprigiona e non permette a nessuno di avvicinarsi, sensazione di un movimento perenne del cuore che rende uniche e speciali le esistenze. Per troppo tempo nulla era stato fatto per colmare quel vuoto.

Lucy con la sua risata allegra era passata di là e aveva seminato la vita. Aveva riportato la musica, il colore, la luce.

Il freddo non si sentiva più.

Il silenzio era solo apparente.


Lina smise di parlare. Giada rimase in meravigliato silenzio.

Nello studio, il ticchettio dell’orologio fu improvvisamente accompagnato da un solitario applauso.

L’anziano avvocato si alzò dalla poltrona, si diresse con passo lento e silenzioso verso la porta e sorridendo con dolcezza alle due donne che lo guardavano sorprese, uscì canticchiando …


… forse, “over the rainbow”?