sabato 11 ottobre 2008

la conversazione

- Senti, è ormai notte fonda, sono stanca e voglio dormire … troviamo un accordo? Nel silenzio la risposta fu fisica, dolorosa, invadente … nemmeno una chiarezza nella risposta. Era un “ok mettiamoci d’accordo?” oppure un “ma chi se ne frega dei tuoi bisogni?”.
- Ho capito, non vuoi proprio sentir ragioni … ora mi giro, cambio posizione, faccio un profondo respiro e cerco di non disturbarti, va bene?
Lentamente Claudia si sedette sul letto, ripiegò con cura le coperte e sistemò le lenzuola per poi coprirsi velocemente e silenziosamente non appena terminata la sistemazione. Si posò sul fianco sinistro, abbracciò come sempre il cuscino, sorrise della propria posizione fetale e si coprì.
Niente da fare, voleva parlare ancora, anche se lei non capiva cosa volesse dirle, e l’urlo di Claudia uscì senza che lei potesse far nulla per trattenerlo. Pensò ai vicini che avrebbero sentito tutto attraverso i muri di “cartone” di quel nuovo appartamento ma al tempo stesso era consapevole che non c’era nulla di cui vergognarsi. In fondo stava solo cercando di essere accogliente, disponibile, amorevole.
- Lo capisci vero che così non posso continuare? Mi sono lasciata prendere da te perché so che sei in grado di riorganizzare la mia esistenza, ti sorrido perché so che indichi un definitivo miglioramento nella mia vita, ma i tuoi modi non sono per me più tollerabili! Basta!
Claudia si alzò, infilò vestaglia e pantofole e nel dirigersi verso la cucina si mosse come un robot organizzato: passando dallo studio prese penna e quaderno, aprì il cassetto della scrivania e cercò il pacchetto di sigarette che aveva nascosto. Spense la luce e si diresse in soggiorno, dove rumorosamente vuotò il posacenere in cristallo colmo di monetine infilandolo poi nella tasca della vestaglia. Sembrava avesse in mente una strategia che si evidenziava mossa dopo mossa.
Arrivata in cucina, posò sul tavolo ciò che aveva in mano, tolse il posacenere dalla tasca e cercò l’accendino. Mise a bollire l’acqua, prese una tazza, un cucchiaino, il vasetto del miele e la scatola con le bustine di tè.
Si sedette e scostò la tenda dalla finestra: guardò fuori, cercando inutilmente di cogliere un qualsiasi movimento in quella notte buia. Fu distolta dal fischio del bollitore, spense il gas e scelse un infuso ai frutti tropicali: sperava che quei profumi le riportassero alla mente i luoghi soleggiati in cui la frutta era maturata e le dessero quel calore che le mancava, placassero il dolore che sentiva.
Gomiti sul tavolo e tazza tra le mani, sorseggiò lentamente la bevanda, mentre le lacrime scendevano in silenzio, senza singulti, senza sforzo, senza emozione … non conosceva il motivo di quel pianto.

Aprì il suo quaderno delle note e si chiese: - Ma io, cosa voglio veramente?

Si accorse che la mano sul foglio si stava muovendo ancor prima del pensiero cosciente e quando si fermò, vide solo poche parole scritte in stampatello: AMORE, GRATITUDINE, PACE, SALUTE.

Le rilesse più volte e pur desiderando scrivere qualcosa che per lei, in quel momento, avesse più senso, rimaneva ipnoticamente bloccata: amore, gratitudine, pace, salute! Amore, gratitudine, pace, salute?
Solo questo desiderava? E tutte le cose cui aveva pensato durante la notte? I viaggi, l’automobile nuova, un impianto stereo più funzionale? Un capo più comprensivo, un’amica più disponibile, un compagno “perfetto”, far pace con la nonna? Tre chili in meno e la pancia piatta, una brava estetista che non le vuotasse il portafoglio ad ogni seduta? Perché non aveva elencato “quei “ desideri? Perché non esporre i pensieri con cui, pochi minuti prima, aveva tentato di riempire i silenzi per le risposte non ottenute?

S’innervosì, strappò il foglio dal quaderno, spense la sigaretta. Con passo rabbioso ritornò verso la stanza da letto e si stese sul letto sfatto senza nemmeno togliere la vestaglia, con il foglietto appallottolato ancora stretto nel pugno.

- Allora, ora mi lascerai riposare, mi concederai un sonno ristoratore?
Ancora il silenzio … e Claudia si addormentò.
Si svegliò quella domenica mattina e quando guardò che ora era, si rese conto di aver dormito senza nemmeno cambiare posizione per più di otto ore filate!
Si sedette sul bordo del letto e si rese conto di aver ancora tra le mani il foglietto con le quattro parole scritte la notte precedente. Sorrise per un breve momento prima di scoppiare in una risata che le vibrava in gola e quasi la fece tossire.
- Senti, mi hai parlato attraverso il dolore, non mi hai ascoltato quando ti ho preso in considerazione e ti ho dedicato tutte le attenzioni che chiedevi, ma ora, dai, caro il mio corpo, mica “ci parleremo” comunicando a bigliettini come fanno gli innamorati, vero?
Riprese a ridere tra sé e sé … aveva un corpo splendido, che parlava poco ma “ascoltava” messaggi chiari, anche se non verbali, ed era molto, molto più saggio di lei!

sabato 20 settembre 2008

una magica onda per giò

..."ninna-fiaba" per sognare...






La piccola Giò era molto felice, eccitata dalla vacanza e dal campeggio senza mamma e papà.

Inesauribile fonte di energia, piena di vita giocò tutto giorno, ma quando giunse sera iniziò a fare i capricci. Saltellava intorno alla tenda ma non ci entrava, e di dormire proprio non voleva saperne. Non dava tregua con le sue chiacchiere, poneva ai due pazienti “nonni” una domanda dopo l’altra pur di rimandare il momento del sonno.

Allora a nonno Piero e al suo amico Lele, pescatore cantastorie, venne l’idea di narrare alla bimba una bella fiaba, un pezzetto ciascuno, in modo diverso e molto personale.

Giò si calmò, si sedette appoggiandosi al nonno e iniziò a giocherellare con i capelli. Sulla spiaggia, nella notte illuminata dalle stelle, dalla luna e dal falò, Piero e Lele iniziarono a due voci il racconto della fiaba dell’Onda Magica.


“Umane creature

riuscite a pensare

alle mille avventure

di un’onda del mare?

Dal pianto di un bimbo e dal sorriso di un vecchio

in un blu tanto blu da fare da specchio

nacque sognando paesi lontani

un’onda marina dai gusti un po’ strani.

Pensava di andare,

con il moto del mare

su lidi lontani,

su rocce scoscese

tra granchi, ippocampi, animali isolani

tra squali, pescetti e sirene indifese.

Ondeggiando lentamente,

incontrando la corrente,

prendendo a passaggio un alito di vento

con tante sorelle

allegre gemelle

formò un cavallone da fare spavento

e conobbe la forza di quella natura

che se non è amata sa diventar dura

ma vista con occhi colmi d’amore

incute rispetto e non più terrore.

La notte la luna le entrava nel cuore

specchiandosi in un luccicante bagliore

ed il sole di giorno cambiando colore

riusciva a trasmetterle un canto d’amore.

Un po’ presuntuosa,

voleva restare,

nelle memorie del dio del mare

unica, splendida, regina radiosa”


L’onda era molto felice. Poteva fare ciò che più amava: si sentiva libera di andare in ogni angolo del mare, incontrare grandi squali e delfini, piccoli argentei pesciolini e crostacei di ogni tipo; poteva giocare tra le alghe e prendere la rincorsa per frangersi su scogliere imponenti e ritrovarsi spumeggiante e divertita. Se invece lambiva spiagge dalla sabbia bianca e finissima, si scioglieva in leggera schiuma e rientrava nel mare.

Un dì, da una duna di spiaggia assolata seppe che aggrappandosi ai granelli di sabbia leggera, chiedendo l’aiuto del sole e del vento, poteva in un solo magico attimo volare leggera e danzare nell’aria, evaporare e trasferirsi tra le nuvole!

Poteva posare lo sguardo sul mondo e, non vista, cadere leggera sui prati la notte; chiamata a raccolta da un gran nuvolone trasformarsi in tempesta oppure in pioggia dalle grosse gocce e cadere con fragore; incontrando una gelida corrente riusciva persino a mutare in stellari fiocchi di neve che scendevano lievi a imbiancare ogni cosa.

Con grande coraggio decise allora di farsi vicina alla spiaggia del lido dove i bambini giocavano felici e, certa che tutto sarebbe andato per il meglio, decise addirittura di utilizzare la sua ultima rincorsa per aiutare alcune piccole creature a raggiungere la riva. Si mescolò a vongole e piccoli granchi, prese un respiro e si lasciò andare.

Che esperienza stava per vivere ... quasi una dissoluzione … Mentre già con la mente e il cuore si preparava a volare, un curiosissimo bimbo, che voleva catturare un minuscolo granchio, riuscì a imprigionarla insieme a una vongola, un’alga piccina, un po’ di sabbia.

Prigioniera!

Che dolore!

Chiusa nel buio, senza sentire il respiro del vento, il verso dei gabbiani e il canto delle amiche sirene, senza vedere il sole né la luna, priva del movimento ... cosa le sarebbe accaduto?

Perché proprio in quel momento aveva deciso di aiutare i suoi amici a giungere a riva? Perché non si era fatta i fatti suoi senza impicciarsi in quelli che non la riguardavano?

D’altra parte la legge del mare, quella stessa che l’onda talvolta mal tollerava, chiedeva ai suoi abitanti di essere disponibili l’uno nei confronti dell’altro. La giovane onda quindi non poteva fare altro e forse non sapeva fare altro.

Ora doveva accertarsi di poter vivere.

Il granchio, era sempre più spaventato perché si narrava che gli umani si cibassero della polpa prelibata dei suoi simili e temeva di non rivedere il mare. Si agitava impazzito mentre la silenziosa vongola si chiuse e l’alga si scurì.

A un tratto tutto smise di muoversi, il vaso fu posato su di un balcone; il coperchio tolto e sostituito da un cellophane forato. Scese il buio.

L’onda cercò il modo per indurre il bimbo a liberarla, insieme ai suoi amici chiusi in quel piccolo contenitore di vetro.


“Aveva capito in sì breve vita

che forza e coraggio si posson creare

se unendo i destini in una partita

ognuno se stesso sa sacrificare.

Pazienza se al mar non potevano andare

ma in libertà dovevan tornare …

Consulto e consiglio

in un lesto bisbiglio

la sabbia ed il granchio, la vongola e l’alga

con l’onda pregaron finché giunse l’alba.

Il dio grande del mare, in ascolto silenzioso,

decise l’aiuto che dar si doveva,

ma prima pensò, come un padre amoroso

di far vivere all’onda ciò che lei già sapeva:

cambiare e viaggiare in un divenire

passava da sempre attraverso il morire.”


Al risveglio il bimbo, prima di colazione, mise un po’ di mangime per pesci nel vasetto. Poi rimise il coperchio e lo spostò vicino al grande contenitore dei pesciolini rossi. Attraverso il vetro passarono mille silenziosi messaggi, eppure nulla di nuovo si poteva prevedere ...

I giorni passarono e l’alga morì. Il silenzio divenne grande e pieno di dolore. Che fare? Presto tutti loro avrebbero seguito il destino della piccola pianta marina.

Allora la sabbia si rimescolò, il granchio finse di essere morto e la vongola s’immobilizzò: l’odore dell’acqua divenne terribile.

Il bimbo, ormai attratto dalle lucciole che vedeva lungo il fiume e che erano accorse per collaborare seguendo le indicazioni del dio del mare, corse a vuotare il contenitore maleodorante per riutilizzarlo e catturare quelle piccole lanternine volanti.

Un gesto veloce e per i sopravvissuti ospiti del vaso fu un altro impensabile choc!

La sabbia svanì insieme al sale. Il granchio cozzò contro un gambero di fiume e lottò per sopravvivere ma non ce la fece perché non era abituato ad acque tanto fredde, dolci e vorticose. La vongola non si vide più, confusa tra i sassi e la sabbia.

L’onda, rimescolata, non seppe più chi era, dove si trovava e dove doveva andare, guidata da un’indomabile corrente.

Vedeva pesci che non conosceva ed era spesso catturata da mulinelli che la portavano in profondità, la facevano risalire e la lasciavano stordita. Ogni tanto incappava in acque dal colore scuro e dal gusto acido, tremendamente maleodoranti e popolate da topi grandi e grossi. Passando sotto i ponti ogni tanto vedeva qualche essere umano tuffarsi e talvolta morire per gioco, sfida e scommessa o disperazione.

Non era quella la vita che aveva voluto né quella che aveva tante volte sognato e immaginato … L’onda pianse.


“Umane creature

riuscite a pensare

al pianto salato di un’onda del mare?

Eppur da quel pianto di liberazione

uscì tanto sale da riempir tutto il fiume

e per una magica trasformazione

il tutto divenne un lago salato

ben ben circondato da morbide dune.

E l’onda rinvenne e resuscitò

sorrise alla vita ed il dio ringraziò.

Tranquilla e serena imparò ad aspettare

di fare soltanto quel che il suo destino

deciso dal dio e voluto dal mare

le avrebbe portato in quel lago carino.

Avrebbe viaggiato in percorsi pacati,

volando nell’aria con nuvole lente

scorrendo tra falde di terra sapiente,

passando per fiumi, per laghi salati,

sapendo di essere una semplice onda

importante soltanto perché immersa nel mare

minima parte di natura feconda

pronta a soffrire, gioire ed amare.”


“Piccola Giò scivolata nel sonno

Tra le amorose braccia del nonno,

sogna felice e sorridente

di essere un’onda allegra e prudente

gemma preziosa nell’oceano immenso,

per chi ti sa coglier, speciale compenso”.