lunedì 14 luglio 2008

cinque minuti

Giorgio camminava lentamente nel parco lungo il fiume. La calda giornata estiva non era limpida e un velo di foschia dava al paesaggio un senso di quiete più irreale del solito. Pensieroso si dirigeva verso quella che ormai era diventata la sua panchina, quella da cui avrebbe potuto, alzando gli occhi dal suo inseparabile libro, vedere il piccolo ponte di legno seminascosto dai grandi pioppi.

Le chiavi agganciate al passante dei jeans tintinnavano ad ogni passo e l’acqua nella bottiglietta che sporgeva dallo zaino sembrava adeguarsi ritmicamente allo sciabordio delle acque che fluivano entro gli argini erbosi.

Pochi passi ancora lungo il viale che gli operai del comune mantenevano ben curato e finalmente avrebbe sfilato le scarpe posando i piedi nudi e accaldati sull’erba. Già pregustava il sollievo quando, dopo essersi seduto, avrebbe ripreso la lettura in uno dei pochi luoghi freschi della città.

Alzò gli occhi e si bloccò: una ragazza mingherlina, dai lunghi e lisci capelli rossi occupava la sua panchina. Rimase in piedi, immobile come un cervo nella notte illuminato dai fari di un’automobile.

Non capiva.

Si era accorta di lui? Era impossibile non notare lo sconosciuto lungo il viale ma lo sguardo della piccola donna non lasciava intendere che nel suo campo visivo fosse entrato un nuovo elemento.

Con calma riprese a dirigersi verso la panchina. In fondo, pensò, era abbastanza comoda per tre persone quindi avrebbe salutato e posato lo zaino, occupato il lato opposto e sedendosi avrebbe aperto il libro spiegandole sorridendo che “frequentare” quella panchina era per lui una piacevole consuetudine.

Nonostante la strategia ben pensata però i suoi passi si fecero sempre più lenti e i suoi occhi non riuscivano a staccarsi da quelli della misteriosa rossa. Possibile che ancora non l’avesse notato? Sembrava una statua, anzi, un ologramma i cui contorni si ammorbidivano nella foschia. Giorgio invece in un attimo aveva notato ed elencato mentalmente ogni dettaglio e già sul volto gli si era presentato un sorriso curioso.

Piccola, la carnagione chiara, con tutte le curve al posto giusto, sembrava una regina seduta sul trono. I piedi uniti, con le unghie curate ma non laccate, erano separati dall’erba dalla sottile suola in cuoio dei sandali infradito. Le gambe erano seminascoste da una gonna in lino leggero che quasi si mimetizzava con il verde della vegetazione e della panchina. Le spalle diritte erano libere: un top nero senza spalline la fasciava e sembrava miracolosamente essere sostenuto dal nulla. Gioielli semplici: orecchini a cerchietto piccolissimi e un insolito ciondolo infilato in un cordino di caucciù che arrivava appena sopra il top. Le mani in grembo, la destra sopra la sinistra, erano l’unico elemento di rilassatezza che traspariva dalla postura.

Si stava avvicinando e ancora non aveva distolto gli occhi dallo sguardo della sconosciuta. Sembrava non vederlo eppure quello sguardo apparentemente privo di espressione era stato indagatore e Giorgio era certo che di lui avesse visto anche quello che finora nessuno aveva conosciuto. Il sorriso curioso divenne imbarazzato e la strategia di avvicinamento gli sembrò sempre più stupida e banale. Era mai possibile che quei profondi occhi scuri non lasciassero trapelare una minima emozione definibile?

Ormai c’era poco da fare. Era arrivato e cambiare idea sarebbe stato infantile.

In piedi, davanti alla ragazza si accorse che gli occhi, colpiti da un raggio di luce diretta, erano verdi e mentre sorpreso si preparava a salutarla lei improvvisamente si alzò, fece pochi passi allontanandosi e si voltò verso Giorgio.

Lo sguardo della sconosciuta era ora divertito, sfacciato, senza perdere nulla del magnetismo e del fascino che dall’inizio lo aveva colpito. Giorgio, sempre più attonito, rimasto a bocca aperta con le parole in gola la osservò mentre si riavvicinava e accostandosi all’orecchio gli sussurrava pianissimo: ” la Gioconda mi fa un baffo, non credi?”

Scoppiò a ridere buttando la testa all’indietro e si allontanò, sempre ridendo. Giorgio rimase basito, immerso in una nuvola di profumo e pensieri confusi, con il desiderio di conoscerla e rivederla.

Il primo attacco di balbuzie della sua vita si presentò puntuale, a confermare la legge di Murphy.

“La Gio…Gio…Gioconda?”

Grazie a Giuseppe Gatto per il “gioco delle idee” dal quale è uscita la "nota" giusta per “chiudere un pezzo jazz senza stonature pop”.


5 commenti:

Anonimo ha detto...

Che dire, ogni volta mi sorprendi sempre di più. Il brano come al solito è stupendo.Ti leggo e rileggo sempre molto volentieri.
Un saluto sincero, Principessa.

fuocobianco ha detto...

mi sa che mi tocca stampare anche questo....

;)

Buon Pomeriggio

Er_Da'

fuorisincrono ha detto...

@principessa: grazie, grazie, grazie

@fuocobianco: è meno lungo, ma per "piazzare la foto" senza alterare il testo...è scritto in carattere piccolo...buona lettura!

Giuseppe Gatto ha detto...

Racconto originale e "curioso". Grazie per la citazione ma assolutamente non necessaria! ... un consiglio puramente tecnico: il carattere è un pò troppo piccolo, io lascerei il carattere standard, come dimensione, in video si legge meglio. baci.

fuorisincrono ha detto...

@ giuseppe, come vedi ho ancora qualche problema di "composizione"!
e "il gioco delle idee" mi è piaciuto...