venerdì 18 luglio 2008

il sacchetto di carta

Silva presagiva che c’era qualcosa di diverso dal solito, ora che era giunta notte.

L’inquietudine che la agitava era soffocante quanto e più della calda giornata trascorsa tra il computer e il giardino, tra il lavoro e la pausa doccia, tra un caffè e le coccole al cane.

Nella casa di campagna, come ogni sera, tutte le finestre e le porte erano state aperte: l’aria cominciava a rinfrescare le stanze. La corrente, leggermente umida faceva ondeggiare le tende.

Silva amava quei momenti notturni. Indossava una lunga e leggerissima tunica in lino e si accomodava nel piccolo salotto.

Il televisore era spento, le luci pure. Flik si era accucciato ai suoi piedi, pronto a seguirla fedelmente ogni volta che si alzava dalla sua poltrona preferita. Amava soprattutto osservare le ombre create dalla luce che arrivava dall’esterno.

I lampioni lungo la strada d’accesso alla sua casa non erano tutti in funzione. Dopo la mezzanotte solo uno su tre era acceso. La luce che entrava in casa era filtrata dalle tende leggere in organza trasparente che aveva scelto quando aveva deciso di chiudere con un passato frenetico e cambiare casa, lavoro, vita.

Ogni stanza quindi assumeva il colore delle tende. Ecco, era riuscita a creare la sua dimora caleidoscopica: morbida, sensuale e variopinta, persino a luci spente, anche durante la notte. In quella casa si sentiva proprio come se indossasse un abito desiderato per lungo tempo. Non c’erano porte che separassero una stanza dall’altra. Non spazi da difendere o limiti da valicare. Solo i bagni erano stati attrezzati con porte a scomparsa che però, se non riceveva ospiti, restavano nascoste nelle pareti.

Passava ore ad ascoltare i rumori della notte. Pochi creati dall’uomo. Il ronzio lieve del computer, quello del frigorifero e della ventola che aveva installato in cucina, talvolta anche quello di qualche lampada dei lampioni che funzionava male ed era intermittente.

La natura non taceva. Mai.

Gli alberi da frutta del giardino, quando il vento aumentava la sua forza, vibravano di solidità e robustezza e ogni tanto qualche frutto troppo maturo cadeva con un tonfo soffocato.

I tigli invece, quelli lungo la strada, frusciavano come se sciarpe in seta intrecciassero una danza con fogli di carta velina e durante la fioritura profumavano l’aria di nostalgia: l’infuso per la tosse che nonna le preparava quand’era bambina.

Gatti in amore difendevano il loro territorio con miagolii strazianti, pianti di bimbi, per poi arrivare alla lite, dura, cattiva, naturale.

Flik alzava le orecchie e la guardava scodinzolante ogni volta che li sentiva. Silva sorrideva, lo accarezzava e lo bloccava prima che partisse alla ricerca dei litiganti.

In lontananza i cani da guardia delle ville ogni tanto davano il via ad un concerto a canone. Ognuno di loro sembrava voler conquistare il posto di solista. Poi si calmavano, togliendo pian piano la voce dal coro. Spesso ne rimaneva uno che ogni tanto abbaiava piano, ritmicamente, con suono monocorde o con un latrato colmo di solitudine: era il pastore tedesco della villa grande, quella abitata solo per pochi mesi in inverno. Il suo Flik invece sbuffava, infastidito …

Grilli insonni e iperattivi erano il costante sottofondo estivo, elemento immancabile della sinfonia.

Quando la quiete si era diffusa in ogni angolo della casa, Silva allora completava il suo rituale: lentamente, a piedi nudi, passeggiava affiancata dal suo silenzioso amico a quattro zampe che la seguiva come un’ombra. Altri graditi rumori: lo scricchiolio del pavimento di legno che cedeva sotto i suoi passi e le unghie di Flik che ticchettavano …

Passando da una stanza all’altra accarezzava i vecchi mobili restaurati con cura, con la gioia di aver ridato vita a cose che altri avevano buttato. Entrava in bagno, si preparava per la notte avvolta dalla luce verde e passava nel suo regno blu: la stanza da letto.

Quella notte invece …

Il desiderio di chiudere tutte le porte si faceva sempre più doloroso e forte ma lei restava seduta, combattuta tra la volontà di non ricadere in un passato fatto di paure e la saggezza, frutto di sofferenze cristallizzate, che le aveva fatto scattare il campanello d’allarme. Ripeteva mentalmente che la sensazione che stava per accadere qualcosa poteva anche riferirsi a un evento piacevole: magari qualche amico che veniva a farle visita … eppure non riusciva a ritrovare la sua abituale tranquillità.

Quanto mancava al mattino?

Scelse di non andare a letto: un buon compromesso. Sarebbe rimasta sveglia e con le porte aperte.

Stava quasi per addormentarsi quando Flik iniziò a ringhiare.

Capì all’istante che la sua intuizione non era sbagliata. S’irrigidì rimpicciolendosi sulla grande poltrona che la nascondeva tutta e che divenne il suo rifugio. Allungò una mano per bloccare il suo angelo custode, pronto a scattare per difenderla. Con l’altra stringeva il cellulare.

La ghiaia del viale scricchiolava sotto i passi di qualcuno che stava avanzando …

Dalla porta entrò quello che sembrava essere un uomo, dal portamento dimesso, non molto alto, magro, il volto nascosto dall’oscurità. Flik restava in silenzio, teso, la coda in leggero fremito.

L’uomo si fermò per un attimo, abituò lo sguardo al buio e senza cercare di accendere le luci si spostò lentamente, attraversò la stanza ed entrò in cucina. Silva pensò immediatamente al ceppo pieno di coltelli sul banco da lavoro e sentì che lo sconosciuto ne aveva preso uno. Un lungo brivido, freddo come la lama che stava immaginando, la invase con angoscia. Sudori freddi accrescevano la sensazione di essere imprigionata in un blocco di ghiaccio. Era paralizzata dal panico, sensazione già vissuta.

Improvvisamente un cono di luce illuminò la stanza. I rumori erano ingigantiti dalla sua paura ma in realtà l’uomo si muoveva con destrezza. Quasi in perfetto silenzio. La luce in cucina fu spenta e lo scatto dell’interruttore le parve un rumore nemico.

Il tempo non passava mai. Altri impercettibili, indefinibili fruscii. Pochi passi leggeri e fu silenzio. Flik era nuovamente rilassato, l’uomo era uscito dalla porta della cucina e si stava allontanando.

Silva si alzò. Entrò in cucina, accese la luce.

Vide immediatamente, sul banco da lavoro il sacchetto per il pane vuoto, strappato ma steso e posato vicino a un bicchiere sporco. Lo prese e lo guardò sorpresa: poche righe scritte in stampatello sulla carta stropicciata, forse con una matita spuntata che aveva lasciato qualche graffio. Il carattere era minuto ma deciso. Lesse:

grazie signora

per il cibo e

per le sue porte aperte


12 commenti:

Anonimo ha detto...

GRAZIE signora, per aver creato questo blog.
Grazie signora, che ci fai partecipi di questi bellissimi racconti.
Grazie, signora che ci lasci aperte tutte le porte della speranza.
Grazie signora, di esistere.
Tornerò ancora a prendere il pane, questa volta non lo ruberò, perchè so che lo avrai lasciato lì sul tavolo apposta per me.
Ciao Principessa.

Giuseppe Gatto ha detto...

wow, BELLO! :-)

fuorisincrono ha detto...

@ principessa, bene, il sacchetto è pronto!

@ giuseppe...il tuo wow per me è speciale !

ad entrambi un ... sacchetto pieno di... grazie:-) (intese nel senso più ampio del termine e personalmente interpretabile!) ;)

fuocobianco ha detto...

hey!!! rinato come la fenice gay!!!

:)))


W FLICK!!!
(che era anche il cane cieco di una mia amica)


besitos

fuorisincrono ha detto...

@ fuocobianco: grazie per aver lasciato una traccia di rinascita e rinnovamento proprio a commento di questo breve racconto!!!

:-))

Anonimo ha detto...

Compiuto il primo passo da curioso, il proseguire fuorisincrono è nei successivi! :-)
(Ri)passerò, maestra di scrittura!

http://fredric.splinder.com

fuorisincrono ha detto...

@ fredric:

grazie del passaggio e di averne lasciato traccia...
proseguire fuorisincrono è creativo, divertente, sorprendente come la vita stessa e nella maggior parte dei casi gioioso!
:-)
a presto
:-)

Anonimo ha detto...

intenso, emozionante.
hai descritto la situazione come in un film, l'hai fatta vedere
(ed è una bellissima cosa!)

fuorisincrono ha detto...

@ violet:

grazie per il bel commento che hai lasciato!
mi ha fatto molto piacere!

:-)

Anonimo ha detto...

prego!
(sono l'amica della zia Lucy...)
:-)
mi ha fatto molto piacere passare da te...



www.revengedoll.splinder.com

Anonimo ha detto...

Da uno stato di rilasatezza porti il lettore ad uno stato di tensione notevole nell'arco di pochi minuti ... per poi sbloccarlo dinuovo dalle paure... lo definirei catartico!! si uno scritto catartico ...
grazie, imparerò ad ossercvare senza paura il mondo, le luci e le ombre....

fuorisincrono ha detto...

@ anonimo: grazie del passaggio e della lettura...

sono lieta di aver offerto, con questo racconto, la possibilità di osservare in modo diverso le luci e le ombre che ci circondano...

ripassa, quando e se ti fa piacere...
:-)